L’archeologia subacquea

L’archeologia subacquea

L’archeologia subacquea è una branca dell’archeologia che è a sua volta distinguibile, a seconda delle aree prese in esame in:

  • archeologia sottomarina
  • archeologia navale
  • archeologia lacustre
  • archeologia fluviale
  • archeologia lagunare
  • archeologia dei pozzi

L’archeologia sottomarina si riferisce alla ricerca e allo studio di resti e materiali legati alle attività antropiche, spesso collegate al mare. Compito della disciplina è l’indagine e la scoperta di antichi porti e navi affondate, e lo studio e la catalogazione dei loro carichi, che in molti casi vengono poi acquisisti nelle collezioni di un museo archeologico.

L’archeologia navale studia principalmente le tecnologie utilizzate in passato dal settore navale.

L’archeologia fluviale, ricerca, studia e cataloga i materiali legati alle attività dell’uomo sui fiumi, non solo imbarcazioni e attrezzi, ma anche interi insediamenti sorti nelle vicinanze dei corsi d’acqua.

L’archeologia lacustre opera in modo molto simile a quella fluviale, ma si concentra sui laghi.

L’archeologia lagunare studia le attività umane nelle lagune e ne indaga storicamente l’evoluzione.

L’archeologia dei pozzi e degli ipogei rappresenta un settore di ricerca di nicchia che prende in esame tutte le strutture artificiali o le cavità naturali, e le relative attività umane nelle loro vicinanze.

Come abbiamo visto l’archeologia subacquea è una disciplina complessa che guarda a diversi settori di indagine scientifica e storica, questa branca dell’archeologia è nata circa sessant’anni fa e sta riscuotendo un sempre maggiore successo tra le nuove generazioni di archeologi, che la scelgono sempre più spesso come corso di studio nelle università di lettere e filosofia.

Lo sviluppo delle conoscenze tecniche negli ultimi anni ha inoltre permesso lo studio ed il recupero di reperti inabissati a profondità fino a poco tempo fa davvero irraggiungibili, e questo ha permesso un proliferare dei recuperi e un progressivo arricchimento delle collezioni dei musei archeologici che hanno una sezione dedicata all’archeologia subacquea.

Un ottimo esempio di queste strutture museali è rappresentato dal Museo Civico di Santa Marinella, in Lazio, istituito nel 1993 e recentemente ampliato e rinnovato.

Il museo è completamente dedicato all’archeologia subacquea, al tema del mare e della navigazione.

Le tecniche di navigazione dell’antichità vengono illustrate tramite l’esposizione di reperti originali e di modelli ricostruiti a fini didattici.

Il museo si trova nel Castello medievale di Santa Severa, sorto sull’antico insediamento di Pyrgi, famoso scalo portuale strategico per i traffici del Mediterraneo.

Dal Centro Visite del museo si accede all’itinerario di “Pyrgi e il Castello di Santa Severa“, un percorso in cui è possibile scoprire la storia di uno dei più antichi porti del Tirreno, importante luogo di culto, già per gli etruschi e, in seguito, fortezza romana e castello medievale.

Il museo archeologico di Santa Severa è anche fornito di laboratori didattici, di una grande biblioteca e di una videoteca, interamente dedicate all’archeologia subacquea e navale.

Archeosub: Le verghe recuperate nel fiume Piave

Nel settembre del 2000 era attivo il recupero di reperti nell’Alto Agordino: furono trovati due fasci di verghe di ferro di un notevole peso; alcuni quintali per fascio, per la precisione 320 kilogrammi, e due appassionati ricercatori di archeologia subacquea come Gioacchino Vettorello e Giovanni Spader di Valdobbiabene, sono riusciti ad individuare nella stretta di Quero, presso il ponte al fante d’Italia, di complesse cavità sul fondo del fiume Piave.

I fasci furono descritti come aventi forma rettangolare di circa dieci metri per 30 centimetri, ed erano composti da 18 verghe di ferro con sezione rettangolare di circa 3 centimetri di lato per 5. La lunghezza media delle verghe era di 156 centimetri, con un massimo di 180 centimetri per le più lunghe: in uno dei due fasci oltre alle verghe è inclusa una punta di ferro della lunghezza di 170 centimetri, con una particolare impugnatura a pomo adatto a piantare pali in legno nel terreno. Ogni pacco di verghe era tenuto assieme da due fasce di ferro piegate a quattro angoli retti, di 6 centimetri di larghezza e uno di spessore; ognuna ha le due estremità sovrapposte e saldate a caldo.

Per il recupero il primo fascio è stato imbragato e posto a 1,5 metri sott’acqua ed è stato associato ad un pallone della capacità di 1000 litri di aria e adatto a sollevare il fascio fino al pelo d’acqua; una vera impresa di archeologia subacquea che ha visto due pompieri posti sulle rive opposte del fiume Piave con l’uso di corde legate al pallone e aiutati dalla corrente, hanno condotto il carico per un centinaio di metri  fino sotto il ponte al fante d’Italia.

La gru ha calato il gancio per 45 metri sul greto del fiume, e poi con cautela ha recuperato il pesante carico: l’operazione si è ripetuta per il secondo fascio con le varianti della profondità diversa del secondo reperto. Circa sette metri sotto il pelo dell’acqua, e dall’oscurità della sera anticipata dalle pessime condizioni atmosferiche.

Tutta l’operazione è durata circa 4 ore; alla fine il lavoro è stato terminato alla luce delle fotoelettriche dei pompieri.

I reperti sono stati issati su un apposito mezzo e accolti in un magazzino ad Agordo: ora occorre un intervento immediato che fermi l’ossidazione del ferro e ne permetta l’esposizione in un museo. Per la precisione il museo minerario di Val Imperina e del Fursil che avrà futura sede sotto la copertura dei forni fusori di Val Imperina.

Si pensa che il carico fosse condotto dagli zatterieri del Piave e proveniente dai forni Agordini; è dunque possibile questa ipotesi. Ci sono altri forni in zona, come quello di Val o quelli dello Zoldano o della valle del Piave.

Esiste la notizia di reperti recuperati tempo fa nel fiume Piave grazie ad una segnalazione e posti nelle vicinanze di quelli attuali. Furono consegnati al museo degli zatterieri di Codissago. Ci si farà carico di visionare i reperti per un futuro utile confronto; intanto gli appassionati scopritori vedono il ritorno del ferro lavorato alla sua probabile origine.

Michele F Venturini