Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è ospitato in un palazzo tardo cinquecentesco, realizzato su commissione di Don Pedro Giron, duca di Ossuna e viceré di Napoli dal 1582 al 1586.

Nel 1612 Don Pedro Fernando de Castro (viceré di Napoli dal 1610 al 1616) dette incarico all’architetto Giulio Cesare Fontana di riprogettarne gli spazi per ospitare la nuova sede dell’Università, trasformata poi, alla fine del XVIII secolo, stavolta dall’architetto Pompeo Schiantarelli in “Real Museo” e “Palazzo dei Vecchi Studi”.

Questo nuovo Museo ospitava le collezioni archeologiche provenienti da Ercolano, Pompei e Stabia, e comprendenti numerosi manufatti ed esempio di pittura e mosaico pompeiano. Ferdinando IV di Borbone vi trasferì anche la raccolta di Capodimonte (ex Farnese) e le raccolte della Villa Reale di Portici, del cardinale Stefano Borgia e di Carolina Murat.

Dieci anni dopo, con la seconda restaurazione borbonica, l’edificio fu denominato “Real Museo Borbonico” e accolse la collezione di Stefano Borgia da Velletri, comprendente numerose sculture greco-romane e antichità egiziane di grande interesse, cui si aggiunsero nel 1827 quelle della raccolta Picchianti.

Il Museo Archeologico era stato sede di istituzioni prestigiose, quali la Società Reale Borbonica e l’Accademia di Belle Arti. Con la fine della dominazione borbonica, il Museo vide cambiare la sua denominazione in “Nazionale” dai Garibaldini, ed inglobò le collezioni archeologiche, artistiche e bibliografiche dai re Carlo III, Ferdinando IV, Francesco I e Ferdinando II di Borbone.

Dal 1957, dopo che la Biblioteca fu trasferita nel Palazzo Reale in piazza Plebiscito e la Pinacoteca nel Palazzo di Capodimonte a Napoli, il Museo fu definitivamente destinato alle sole raccolte di antichità, diventando un vero e proprio museo archeologico di concezione contemporanea.

Tra le numerose collezioni in esso custodite, particolarmente significativa ci pare quella di archeologia egizia, che comprende numerosi amuleti e bozzetti votivi di divinità, interessanti anche i reperti delle età del rame, del bronzo e del ferro, provenienti principalmente da scavi in siti archeologici dell’Italia meridionale.

Grande spazio è dato anche all’epigrafia e alla numismatica, con una collezione di ben 200.000 esemplari di monete riferibili a tutti i periodi della storia antica. Il nucleo iniziale di monete e medaglie era costituito dalla collezione Farnese, composta da oltre 10.000 manufatti greci, 16.000 romani, e 15.000 medioevali. In seguito si aggiunsero circa 42.000 monete greche, romane e moderne della raccolta Santangelo, e altre 15.000 provenienti da Pompei, inoltre nella raccolta sono compresi oggi anche centinaia di punzoni e matrici.

Completano l’offerta di questo grande museo archeologico, collezioni di avori, vetri, armi, oggetti preziosi, piccoli bronzi e vasi in terracotta, che vi potranno far fare un vero salto indietro nel tempo, un viaggio appassionante consigliato a tutti gli studiosi e gli appassionati di storia, oltre che ai semplici curiosi.

l’Archeologia Egizia

Recenti studi hanno fatto luce su quella che è la leggenda della Sfinge, che non necessitò di alcun macchinario per essere costruita, ma fu semplicemente scolpita a partire da un basamento roccioso che già si trovava sul sito archeologico di così tanta importanza per l’archeologia egizia.  Tale basamento, in principio, rappresentava Khaefrem; Tuthmosis decise di impadronirsene e si fece raffigurare al posto del suo antenato.

La stratificazione alternata di rocce nel corpo della Sfinge ha fatto il resto.

Il fatto, invece, che non sono mai state scoperte stanze segrete, non ne esclude l’esistenza; nei templi egizi, secondo i dettami dell’archeologia egizia c’era sempre una camera nascosta dove dimorava Amun, il dio invisibile. Quindi potrebbe essercene una sotto la Sfinge, anche se non è mai stata rinvenuta finora. Altre costruzione che fu possibile, a costo di problemi matematici complessi, fu la costruzione delle piramidi della piana di Giza, le Piramidi per antonomasia, le più famose al mondo: conosciute da sempre, hanno rivestito un fascino millenario sull’uomo moderno, che dal secolo XIX ha iniziato ad esplorare quei luoghi fino ad allora sconosciuti. Rappresentano la sperimentazione di una nuova forma di tomba, dalla mastaba ad un piano a quella a più piani, fino a tentare di coprire i lati della piramide con lastre lisce.

Il metodo di costruzione delle piramidi è stato dimostrato spesso; persino messo in pratica dagli archeologi speriementali.

Nel mondo degli antichi egizi e dell’archeologia egizia l’universo era costituito da due forze contrapposte; fertilità ed aridità; vita e morte; ordine e caos. L’equilibrio era retto dalla dea Maat e dalla costruzione di colossali templi dedicati agli dei.

 Il più esteso complesso monumentale mai costruito è Kamak, un sito dell’Egitto dei faraoni: fu ampliato con il trascorrere delle dinastie successive e il suo sviluppo è durato oltre un millennio, creando una collezione di piloni e obelischi, un vero archivio in pietra che ci parla di un passato molto lontano.

In quei pressi fu trovato il colossale tempio di Amon, un sito di cento ettari che comprende una notevole quantità di edifici che testimoniano l’importanza della antica città di Tebe. In gran parte opera dei sovrani di quell’epoca, il complesso è stato costruito in epoca comunque posteriore al grande tempio di Amon, che fu eretto prima, durante il Medio Regno, intorno al 1900 prima dell’anno zero.

I faraoni successivi ampliarono l’edificio fino al primo pilone, l’attuale ingresso al sito archeologico, ricco di testimonianze della ormai trascorsa archeologia egizia. L’attuale ingresso risale al 370 prima dell’anno zero.

 Nel centro del complesso archeologico di Karnak sorge il tempio di Amon: un maestoso edificio dalle dimensioni enormi, con un dedalo di cortili e sale, ed un imponente lago sacro. Questo recinto coincide con Karnak stesso.

Nei tempi passati un canale collegava il recinto al Nilo per consentire il transito di barche sacre: Ramesse II fece costruire un pontile d’approdo vicino al canale, ed è questo che costituisce l’accesso di grandi dimensioni al primo pilone d’ingresso. Questo era fiancheggiato da un breve viale di sfingi a testa di ariete.

Un’imponente statua di Ramses II è raffigurato con un figlia ai piedi, e sorge di fronte all’entrata alla grande sala ipostila.