Arte contemporanea: l’informale di Francesco Cecere

Verso la luce…

Recent Past è il titolo che Francesco Cecereha scelto per racchiudere i suoi lavori di arte contemporanea realizzati tra il 2003 ed il 2007.

Opere quindi non recentissime ma che necessitavano di un’esposizione complessiva, conclusiva atta a chiudere il cerchio! Poiché condivido questa necessità del lavoro ciclico ritengo opportuna la scelta di formare un corpus unico di una serie di opere, alcune delle quali proposte nella sede di Palazzo Venezia assieme allo scrivente ed ad altri autori, altre coeve per tempi e stile.

Ma perchè Cecere chiude il cerchio?
Cosa cerca? Di cosa deve liberarsi?

Probabilmente la stessa forza, la stessa energia che portava l’artista a realizzare corpose (e massicce) tele materiche sta cedendo il posto a più lievi composizioni che osserveremo nei prossimi anni, intanto è opportuno notare che all’interno dell’esposizione stessa vi è un percorso proteso verso dimensioni più regolari, toni sempre estremi ma più armonici, il nero dominante si apre lentamente al colore, alla luce?
La pittura è sempre informale, l’abbondanza dei neri venati di rosso echeggia su tutto ma, le autostrade percorse dall’ampio pennello non si fermano soltanto sui dossi accidentati del bitume, scivolano tra i solchi delle colature e s’immergono tra le pieghe di gamme cromatiche più chiare; è il preludio della nuova sintassi che si sta sviluppando.

Sarà ancora informale oppure qualcosa di molto diverso? Alla prossima mostra

Maurizio Barretta

Toward the light…

Recent Past is the title that the author has chosen to enclose their work done between 2003 and 2007.

Works then but not recent needed in a total exposure, which would close the circle closing! I share this because I need the work cycle to correctly choose to form a single set of a series of works, some of which are proposed in the Palazzo Venezia with the writer and other writers, other contemporaneous in time and style..

But why Cecere closes the circle?
What do you look? What should be freed?

Probably the same force, the same energy that led him to make full-bodied (and massive) tele matter is giving way to more subtle compositions that we observe in the coming years, in the meantime it should be noted that within the same exposure there is a path leaning toward more regular dimensions, shades always extreme but more harmonious, the black slowly opens dominant color, light?
Painting is always casual, plenty of blacks bloodshot echoing through everything, but traveled the highways from the large brush, do not stop only on the rough bumps of the bitumen, they slip between the furrows between the folds of sagging ranges lighter color, it is the prelude to the new syntax that is being developed.

Will still be informal or something different? The next show

Maurizio Barretta

 

Vita ed arte di Carlo Carrà

Carlo Carrà, quarto figlio di un ciabattino, nasce  l’11 febbraio del 1881 a Quargnento, comune in provincia di Alessandria. In questo comune, che al momento della nascita del Carrà contava poco più di tremila abitanti, nasce anche Giulio Benzi.

All’età di 7 anni Carlo Carrà, a seguito di una malattia che lo costrinse ad un riposo forzato, si avvicinò al mondo artistico iniziando a disegnare.

Nonostante la sua giovane età, nel 1893 Carrà entrò nel mondo del lavoro come decoratore murale a Valenza Po. Successivamente si trasferì a Milano dove continuava il suo lavoro di decoratore. Fu proprio durante questi anni di permanenza nel capoluogo lombardo che Carlo Carrà si iscrisse e frequentò la “Scuola Serale di disegno e Arti Applicate”, alimentando e perfezionando  la sua passione artistica.

Nel 1900 Carrà si trasferì, per alcuni mesi, a Parigi per decorare i padiglioni dell’Esposizione Universale. Durante la sua permanenza a Parigi ebbe modo di conoscere alcuni importanti pittori come Delacroix, Pierre – August Renoir, Camille Pissarro.

Nel 1906, grazie a 2 premi artistici vinti presso la Scuola Serale e a un piccolo sussidio fornito dallo zio paterno, Carlo Carrà si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera. Qui incontra alcuni  giovani pittori  come Bonzagni, Romani, Valeri e Boccioni con i quali aderisce, per un breve periodo, al divisionismo.

Nel 1910 Carlo Carrà firma, insieme a Boccioni e a Russolo, il Manifesto dei pittori futuristi redatto da Filippo Tommaso Martinetti nel 1909. Successivamente aderiscono anche Balla e Severini facendo nascere quello che è il futurismo italiano. Nel campo artistico, il futurismo è sinonimo di dinamismo, velocità, energia.

Dopo alcuni anni di partecipazione intensa al futurismo, nel 1914 Carlo Carrà si trasferisce a Parigi portandosi, dentro di sé, una crisi interiore verso il futurismo. Chiamato alle armi, Carrà rientra in Italia a Pieve di Cento ma, per motivi di salute, viene ricoverato nell’ospedale militare di Ferrara. In questa città  incontra Savinio, Covoni e De Chirico aderendo ai principi metafisici.

Nel 1919 a Milano, Carrà  sposa Ines Minoja con la quale ebbe, nel 1922, un figlio: Massimo Carrà. In questi anni, il pittore piemontese, dopo alcune opere in stile dechirichiano, abbandona anche la scia metafisica e rinnova la sua pittura, concentrata su un immagine molto semplice. La ricerca di uno stile proprio, naturale rappresentano le premesse per l’adesione ad un nuovo e definitivo stile artistico, il cosiddetto “realismo lirico”. Da questo momento in poi i protagonisti principali delle suo opere sono i paesaggi e la natura. Carlo Carrà muore a Milano il 13 aprile del  1966. I suoi ultimi quadri sono Natura morta di un calice verde e Natura morta con bottiglia e chicchera.